Primo articolo nell’inserto InMedia
L’atteggiamento dei mezzi di comunicazione di massa durante la crisi politica del governo Prodi segnala una urgenza forte di analisi e comprensione critica di ciò che è accaduto
Tentiamo di abbozzare qualche timida risposta e avanzare, seppur millimetricamente, nella comprensione critica di quella che Bertinotti ha definito, nell’editoriale di mercoledì, come la società capitalistica massmediatica.
“Questa è stata la prima crisi politica nella quale ha contato l’opinione pubblica”. Con questa affermazione, il Presidente Prodi ha di fatto introdotto un nuovo soggetto della costituzione materiale del nostro paese. Cerchiamo di analizzare questo passaggio per tentare di comprendere i confini dell’agire politico che si determinano in questa fine di millennio. Occorre, cioè, analizzare alcune delle novità che caratterizzano questa fase. Domandiamoci perchè la presa di posizione di una esigua minoranza (attraverso forme non classiche dell’“agire politico” come sono vissute alcune nuove forme di comunicazione) è creduta rappresentativa della volontà generale? Perchè, cioè, il popolo dei fax risulta più importante di quello di una manifestazione? Perchè 2000 persone in una piazza sono una manifestazione piccola e 2000 fax o messaggi di posta elettronica sono una massa capace di “spostare” il senso di avvenimenti? E ancora, perchè i mezzi di comunicazione di massa, nella rappresentazione dei fatti che accadono, “inseguono” il “centro”, il gusto “medio”? Perchè le correnti critiche che attraversano le società sono rappresentate come figure “stravaganti” ma “simpatiche” solo fino a che non mettono in discussione l’equilibrio esistente per trasformarsi, in tal caso, in nemici mortali da demonizzare e distruggere con veri e propri bombardamenti massmediologici? Se davvero esistesse il Mercato (si, quello con la “M” maiuscola di cui in molti si riempiono la bocca), durante l’ultima crisi politica sarebbe esistito almeno un “imprenditore” della comunicazione che avrebbe tentato di raggiungere quel “target” rappresentato dal popolo di Rifondazione per “soddisfare” la sua domanda, offrendo una informazione di “parte” che riequilibrasse la faziosità delle altre. Perchè non c’è stato un network televisivo o radiofonico che si è fatto interprete delle istanze di questa gente? Il 10% dell’elettorato è poca cosa?
La prima questione riguarda l’emergere di quel soggetto indistinto e insondabile, com’è la “pubblica opinione”, sulla scena dell’azione politica diretta. Di per sè questo non rappresenta una novità nelle società di massa ma, almeno nella storia europea, non era mai stata elevata direttamente a “soggetto politico”. Cos’è, allora, che lo trasforma sempre più prepotentemente in rappresentazione di una realtà per cui non ha delega democratica? Le nostre società, oramai da molti decenni, stanno mutando in una sorta di “organismo” pieno di meccanismi di autocontrollo, misurazione, rilevazione, verifica e adattamento, in grado di misurarne i gradienti sociali, culturali e politici, per agire su di essi attraverso sofisticatissime trame di comunicazione che mirano alla conquista, non direttamente del modo di “pensare”, ma del modo di “comportarsi”. Quello che ricordava Rina Gagliardi, nel suo articolo di martedi scorso, citando un “grande vecchio” (non è la coscienza che determina l’essere sociale, ma l’’essere sociale che determina la coscienza), sembra essere stato appreso più dal capitalismo massmediatico che dalla capacità critica di comprensione nostra. Il nostro paese, in europa, è quello a più alto rischio proprio perchè qui da noi è stata sperimentata la più alta dose dello strumento principe (anche se non esclusivo) di tale operazione: la TV commerciale. In questi giorni abbiamo potuto osservare e forse sarebbe possibile anche misurare, il meccanismo classico della cosidetta spirale del silenzio. Le persone (la maggioranza di esse per lo meno) esprimono e manifestano le loro opinioni nella misura in cui le percepiscono condivise dal proprio gruppo sociale, dalla comunità d’appartenenza o dalla società. Si evidenzia, cioè, una tendenza ad evitare (almeno sul piano psicologico) sia un isolamento sociale sia quella serie di “sanzioni”, formali o informali, che possono derivare da un comportamento “deviante”. Le “opinioni” condivise, per larga misura, risultano essere quelle che attraversano i media. Gli stessi che inseguono, un attimo dopo, quel senso comune della pubblica opinione che, per essere accettati (cioè venduti) devono rafforzare. È una spirale continua ove il semplice accadimento non rappresenta mai un momento zero, ma un sempice evento di una sequenza ininterrotta. Chi applica il marketing alla politica ottiene un analogo inseguimento del “centro” della spirale. A questo meccanismo per il quale, secondo la spirale del silenzio le persone mescolano le loro percezioni dirette e le percezioni filtrate attraverso gli occhi dei media in un tutto indivisibile che sembra loro derivare dai propri pensieri ed esperienze, si somma una “naturale” propensione del giornalista ad inseguire lo stesso contenuto del leader politico della maggioranza perchè entrambi carnefici e vittime del meccanismo al quale non vogliono ribellarsi.
A complicare ulteriormente il quadro ecco la nascita di un potente meccanismo di retroazione: il fax. Il fax si differenzia dalla telefonata per la sua “ufficialità”, per la smaterializzazione del rapporto. La macchina non trasmette le sfumature, ma semplicemente l’idea generale di ciò che una persona vuole esprimere e questo è considerato sufficiente a tutti i fini pratici.
Durante una conversazione con un giornalista di un importante quotidiano nazionale, mi è capitato di sentire descrivere la costruzione della “linea” del giornale sulla crisi politica di questi giorni. Il direttore aveva “percepito” il clima “montante” contro Rifondazione e decise di “schierarsi” (al di là dei famosi problemi di contenuto) nel segno del senso comune diffuso. Vorrei proprio partire da qui per tentare di descrivere quel per
Si moltiplicano, in questo periodo, le riflessioni sul rapporto tra la realtà e la sua rappresentazione, sul ruolo ruolo delle comunicazioni di massa nella ri-descrizione (e nel “ri-costruire” ciò che accade, attraverso la ri-costruzione del “senso comune”),